Marketing vecchio stile e web marketing

Marketing vecchio stile e web marketing

Lo scopo principale del marketing è quello di convincere qualcuno ad acquistare qualcosa. Esiste una variabile: convincere qualcuno ad acquistare qualcosa di cui non credeva di aver bisogno.

Se si ha intenzione di ‘convincere qualcuno ad acquistare qualcosa’, è necessario prima assicurarsi che quel qualcuno abbia una certa propensione ad acquistare ‘quel’ qualcosa. 

Si pensa che il marketing sia utile soltanto quando è necessario vendere un prodotto o un servizio: beh, non è così. Possiamo espandere il significato di marketing fino ad una quotidianità molto lontana dal commercio: facciamo marketing quando vogliamo convincere qualcuno a perorare la nostra causa, i ragazzi fanno marketing quando si impegnano a descrivere ai genitori quanto potrebbe migliorare la loro vita se avessero un nuovo smartphone o un nuovo scooter, quando i nonni raccontano episodi della loro vita ai nipoti.

Il marketing si serve della pubblicità, ma non è ‘la pubblicità’: quest’ultima è soltanto il mezzo per raggiungere gli obiettivi prefissati.

La persuasione è, certo, alla base del marketing, ma nessuno può essere persuaso se dentro di sé non è presente già una scintilla, una sorta di predisposizione all’acquisto: a meno che non siamo novelli Steve Jobs, difficilmente potremo immaginare quale desiderio inespresso (e inconsapevole) covi nel cuore delle persone, quale siano i bisogni inespressi (e inconsapevoli) dei consumatori.

La parola ‘marketing’ è spesso usata fuori luogo, in quanto spesso confusa con la parola ‘pubblicità’: la pubblicità, in qualsiasi sua forma, è soltanto uno strumento del marketing, un modo utilizzato dal marketing per esprimersi.

La pubblicità ‘interruttiva’ dei media tradizionali ha un grosso neo: non è misurabile. O meglio, è possibile applicare una misurazione ‘a spanne’, molto grossolana: è, naturalmente, molto difficile contare quante persone ‘realmente’ leggono un cartellone stradale, una pagina pubblicitaria su quotidiani e riviste o quanti guardano e ascoltano gli spot radiofonici e televisivi. In questi casi la valutazione è, nel migliore dei casi, empirica: si calcolano quante persone passano ogni giorno per la strada in cui è esposto il cartellone, quanti lettori acquistano riviste e giornali e, in modo ancora più pressapochista, quante persone ascoltano/guardano gli spot radiotelevisivi.

E gli inserzionisti pagano lo ‘spazio’ pubblicitario in funzione di questi dati!

Il web ha portato con sé una ventata di novità, in questo senso: le ‘visualizzazioni’ di un banner ed i ‘clic’ sui link che portano al sito dell’inserzionista sono perfettamente misurabili: con Google, ad esempio, il pagamento degli annunci è indissolubilmente legato ai ‘clic’ ricevuti, quindi chi paga l’annuncio può conoscere il numero di persone interessate al proprio prodotto o servizio e, eventualmente, apportare modifiche ‘al volo’.

Un beneficio di notevole entità che riguarda chi vuole vendere e chi vuole comprare.

 

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